Per chi desidera fare una camminata alla scoperta di borghi poco conosciuti e all’insegna di un turismo più lento ma decisamente appagante dal punto di vista naturalistico, culturale e gastronomico, la Via Francigena può rappresentare un’ottima opportunità. In questa breve guida vi propongo alcuni tratti, tra i più rappresentativi, percorsi nel Lazio.

Costituita da un fascio di vie dette anche Romee che conducevano dall’Europa centrale a Roma, la Via Francigena nasce nel Medioevo a Canterbury, sud dell’Inghilterra, attraversa Francia, Svizzera e Italia fino al Lazio, per poi spingersi verso Roma e scendere nel meridione (lungo il tratto chiamato Via Francigena del Sud), che porta a Santa Maria di Leuca in Puglia dove si tuffa nel mare allungandosi idealmente verso Oriente.
Un cammino di oltre duemila chilometri, percorso nei secoli passati da decine di migliaia di pellegrini, monaci e cavalieri diretti alla tomba di Pietro e in Terrasanta. Riconosciuta dal Consiglio d’Europa come Itinerario Culturale, la Via Francigena rappresenta un mix di storia, arte e spiritualità, ma anche natura e specialità culinarie.

Nel Lazio, ultima tappa della Francigena del Nord e punto di partenza della Francigena del Sud, il cammino assume una dimensione particolare: diventa il racconto vivo delle radici della civiltà europea, tra borghi medievali, antiche foreste, laghi vulcanici e orizzonti proiettati sul mare.
www.viefrancigene.org

Prima tappa: da Acquapendente a Bolsena (22,5 km)
Punto di partenza nell’Alto Lazio è Acquapendente, il borgo delle torri e dei fiori a circa 2 ore mezzo da Roma. Il nome Acquapendente richiama il sistema di ruscelli sotterranei che caratterizzano il sottosuolo della zona. La visita inizia nella piazza della Cattedrale del Santo Sepolcro, cuore spirituale della cittadina: la facciata in stile settecentesco è stata progettata dall’architetto Nicola Salvi, lo stesso che disegnò la facciata di Fontana di Trevi.

La Cattedrale ospita al piano inferiore una suggestiva cripta medievale del 1100 e il Sacro Sacello, unico in Europa, riproduzione in formato originale del Santo Sepolcro in Terrasanta contenente la pietra bagnata del sangue di Cristo portata dai crociati. Per questo motivo Acquapendente viene anche definita la Gerusalemme d’Europa.

In primavera il paese si copre di colori: ogni anno, la terza domenica di maggio viene celebrata la Festa dei Pugnaloni, i grandi mosaici floreali realizzati a mano con petali e foglie essiccati che raccontano la libertà conquistata dagli abitanti nel Medioevo.


I pannelli sono quindici, 2,60 mt. x 3,60 mt. conservati 12 mesi nella Cattedrale: hanno una natura effimera poichè sono destinati alla distruzione di anno in anno. Pugnaloni da pungolo, lo strumento agricolo per spingere i buoi con cui i contadini della zona si liberarono dal dominio di Barbarossa nel 1166.
Proseguendo lungo la via principale si arriva al Teatro Boni, piccola perla di Acquapendente inaugurato nel 1855, un teatro all’italiana con pianta a ferro di cavallo e tre ordini di palchi, oggi sede di spettacoli e rassegne.
Acquapendente negli anni è diventata anche un punto di riferimento per la street art. L’Urban Vision Festival ha trasformato il borgo in una galleria d’arte a cielo aperto con murales che raccontano miti, paesaggi e storie di rinascita.

Uscendo da Acquapendente e facendo una breve deviazione si raggiunge il Bosco del Sasseto, un luogo incantato che sembra uscito da una fiaba tanto da essere definito Bosco di Biancaneve. Il sentiero si inoltra tra querce, faggi, agrifogli e lecci centenari le cui radici affondano sotto rocce di origine vulcanica, ricoperte di muschi e licheni dando luogo a una biodiversità che si può ritrovare in varie latitudini.
Al centro di una radura appare come una visione la tomba del marchese Edoardo Cahen, un mausoleo neogotico costruito nel 1880 dall’architetto Giuseppe Partini.

Il bosco è un lembo di foresta primaria esteso per 60 ettari, all’interno di una riserva protetta di 3 mila ettari, che da decenni non viene tagliato né modificato per non alterarne la struttura originaria. E’ aperto alle visite accompagnate da personale specializzato solo su prenotazione. E’ stato spesso utilizzato come set in vari film tra cui “Il racconto dei racconti” con la regia di Matteo Garrone.
Nei pressi del Bosco del Sasseto si erge la frazione di Torre Alfina, dall’omonimo castello che spazia sulle vallate e i monti tra Toscana e Lazio, visibile anche da lontano. La fortezza dalle ampie merlature è una proprietà privata visitabile anch’essa su prenotazione.

Il cammino riprende verso Borgo San Lorenzo Nuovo, situato su un altopiano panoramico a circa 500 metri di altitudine. La piazza centrale, Piazza Europa, si distingue per il suo impianto urbanistico settecentesco di forma ottagonale, voluto da papa Pio VI quando il vecchio abitato venne abbandonato.

E’ utile fare una sosta panoramica in questo borgo per ammirare il paesaggio del Lago di Bolsena che si apre alla vista dalla strada principale in tutta la sua bellezza.
Poi il sentiero scende dolcemente attraverso uliveti e vigneti verso il lago, una distesa blu racchiusa nel cratere di un antico vulcano, il più grande d’Europa. Qui circa 370.000 anni fa un’enorme eruzione diede forma al bacino attuale e alle due isole Martana (privata) e Bisentina, visitabile.

Giunta a Bolsena, l’antica Volsinii dove si rifugiarono gli aristocratici etruschi in fuga da Orvieto, scopro una cittadina che conserva il fascino del Medioevo e l’atmosfera serena delle località lacustri.
Da visitare la Basilica di Santa Cristina, un complesso di quattro differenti edifici annessi in secoli successivi al corpo principale. Nel sottosuolo le catacombe custodiscono le spoglie della giovane martire e gli affreschi dell’XI secolo sul miracolo eucaristico.

A dominare borgo e valle la Rocca Monaldeschi della Cervara: dalle sue torri la vista sul lago è spettacolare. All’interno il Museo Territoriale racconta la storia geologica e archeologica della zona. Molti i reperti etruschi esposti come il famoso trono delle pantere.

La giornata si conclude con una passeggiata sul lungolago al tramonto e una cena a base di sapori locali: sbroscia bolsenese (una zuppa di pesce di lago), coregone alla mugnaia e latterini alla brace.

Seconda tappa: tra l’Appia Antica e i Castelli Romani lungo la Via Francigena del Sud (24 km)
Il secondo giorno parte a Roma, da Porta San Sebastiano dove si imbocca la Via Appia Antica, regina viarum: è l’inizio della passeggiata archeologica più coinvolgente e affascinante del mondo e anche il punto in cui parte la Via Francigena del Sud. Camminare sul basolato perfettamente conservato è un tuffo indietro di duemila anni. Immaginare che sopra quei lastroni siano transitati nei secoli eserciti, carri, truppe e viandanti è emotivamente coinvolgente.
Guardarsi attorno e trovare disseminati per chilometri da un lato all’altro della strada antiche vestigia, mausolei, resti di templi e ville, colonne, capitelli e acquedotti immersi nella campagna romana è altrettanto emozionante.
Qualche anno fa percorrendo un pomeriggio d’estate la Via Appia Antica ho provato per la prima volta la sindrome di Stendhal, quel senso di rapimento e al tempo stesso mancamento che si vive davanti a un’opera d’arte o a qualcosa di esteticamente molto toccante.

Tra i luoghi da visitare le Catacombe di Domitilla, un labirinto di gallerie sotterranee che custodiscono sepolture paleocristiane e un’unica basilica semi-ipogea ancora visibile; l’esteso Complesso di Massenzio con la villa, il circo e il mausoleo del figlio Valerio Romolo; il maestoso Mausoleo di Cecilia Metella, simbolo del Parco Archeologico dell’Appia Antica, con le sue mura di travertino che si stagliano tra pini e cipressi.
Monumento funerario costruito fra il 30 e il 10 a.C. affiancato dal Castrum (Castello) Caetani di origine medievale e dalla Chiesa di San Nicola, unico esempio di architettura gotico-cistercense a Roma.

Lasciata Roma si entra nella campagna dei Castelli Romani. Le colline si distendono dolcemente all’orizzonte con i vigneti che disegnano geometrie e profumano di terra vulcanica. In meno di mezz’ora d’auto si raggiungono i laghi di Nemi e Albano, collegati tra loro da tratti della Via Francigena del Sud molto panoramici.
A Castel Gandolfo, residenza estiva dei Papi si visitano il Palazzo Apostolico e i Giardini Barberini che ospitano anche i resti della Villa di Domiziano. Dalla piazza principale con la Chiesa di San Tommaso di Villanova e la fontana, entrambe progettate dal Bernini, si aprono deliziosi vicoli affacciati sul lago, brulicanti di botteghe e ristoranti.

Ad Albano Laziale i Cisternoni raccontano l’ingegnosità romana dell’architettura idraulica, un sistema di invasi monumentali ancora perfettamente conservati. Nemi è invece un borgo raccolto e pittoresco affacciato sul cratere del piccolo lago omonimo circondato da serre dove si producono fragole, fragoline e frutti di bosco.
Ogni anno a giugno si celebra la sagra delle fragoline: tutti i negozi propongono prodotti realizzati con il frutto tipico della zona dal miele alle fragoline, al liquore alle fragole, ai dolci alle fragoline, al fragoncello digestivo a base di fragoline.

Da visitare lungo le rive del lago il Tempio di Diana Nemorense e il Museo delle Navi Romane che accoglie copie dei resti delle enormi imbarcazioni fatte costruire dall’imperatore Caligola posizionate al centro del lago per le sue feste private. Il bacino fu prosciugato durante il fascismo e le navi originali riportate a galla e restaurate ma successivamente bruciate durante la Seconda Guerra Mondiale.

Terza tappa: da Itri a Gaeta passando per Formia (22 km)
Il terzo giorno inizia a Itri, borgo ai piedi dei Monti Aurunci con il Castello medievale a 3 torri a fare da guardiano. Una visita al Museo del Brigantaggio racconta la storia di Michele Pezza detto Fra Diavolo e del mondo contadino che resistette ai grandi mutamenti dell’Ottocento. Il Santuario della Madonna della Civita fu costruito nel luogo dove, secondo la leggenda, un pastore sordomuto ritrovò un’antica icona miracolosa.
Il centro cittadino è tagliato dal Corso Appio-Claudio (un tratto della Via Appia) che i locali chiamano Lo Straccio dal latino stratio, vecchia stazione di posta per i cavalli e sede di botteghe che vendevano stoffe usate.

Sulla Via Appia Antica che interseca in alcuni tratti la Via Francigena del Sud attraverso la Gola di Sant’Andrea si percorrono due chilometri di basolato romano alternato a quello borbonico, perfettamente conservato e delineato da antiche mura.

Si scende lungo un tratto asfaltato molto panoramico della Francigena del Sud – in lontananza sono ben visibili le isole Pontine – fino a Gaeta, città di mare e mito celebrata da Virgilio e Dante. La Montagna Spaccata con la sua fenditura profonda a picco sul Tirreno, secondo la tradizione, si divise alla morte di Cristo.
Trentacinque gradini più in basso si trova la Grotta del Turco dove l’acqua del mare penetra tra le pareti verticali. Chiamata così dalla forma della mano di un marinaio miscredente turco che, racconta la leggenda, si appoggiò alla roccia diventata miracolosamente morbida sotto la sua pressione.

Nel cuore della città, su un’altura si erge come una sentinella il Castello Angioino-Aragonese, imponente fortezza che domina il golfo, oggi sede di eventi e mostre, visitabile nella sua interezza. Fino al 1990 funzionò come colonia penale di massima sicurezza dove vennero detenuti anche criminali nazisti.
Dalle sue terrazze lo sguardo spazia fino a Formia, ultima tappa del mio viaggio, famosa oltre che per i vicoli animati per il Cisternone Romano, risalente al I secolo a.C., e per la Torre di Mola, antica fortificazione voluta dagli Angioini visitabile ogni prima domenica del mese.

Tutta la zona si distingue per le specialità gastronomiche locali, dalla mozzarella di bufala al formaggio marzolino. Fatevi guidare dai consigli delle cooperative produttrici di olio e olive. Itri è famosa per l’oliva verde itrana, molto gustosa, raccolta in autunno. Le olive di Gaeta, color melanzana scuro, sono sempre di Itri ma restano più mesi sui rami fino alla primavera.
Sono più piccole e ideali per i condimenti mentre quelle verdi risultano più saporite, croccanti e con il nòcciolo che si stacca facilmente, perfette per gli aperitivi. Tra le altre specialità della zona la salsiccia secca, le virtù di Formia e la tiella gaetana, una focaccia ripiena di pesce, o scarola e olive, piatto simbolo della cucina locale, oltre al gustoso fritto di calamaretti di Gaeta alla Votapiatto.

Consigli utili
Bolsena
Ristoranti: Trattoria Picchietto, Trattoria del Moro e Ristorante La Francigena Bolsena. La pluri-premiata gelateria Lolla è una delle migliori d’Italia. A San Lorenzo Nuovo Lo Spuntino: da fuori sembra un bar, in realtà è anche una trattoria con specialità sfiziose e abbondanti.
Alberghi: Palazzo Vesconte Cozza Caposaldi, una dimora storica nel cuore di Bolsena dove il tempo sembra essersi fermato tra volte affrescate e arredi d’epoca.
Appia Antica e Castelli Romani
Ristoranti: Pagnanelli a Castel Gandolfo, celebre per la vista magnifica sul lago e la cucina che unisce tradizione e creatività. Per una degustazione di vino a Ciampino la Riserva della Cascina di proprietà della famiglia Brannetti.
Propone bianchi minerali, rossi profumati e rosé eleganti, tutti biologici, che raccontano l’anima vulcanica dei Castelli. Una vigna immersa nel parco archeologico dell’Appia Antica, accanto ai resti romani e alla domus di Gallieno.
Alberghi: Hotel Castel Vecchio a Castel Gandolfo, 4 stelle con vista sul lago.
Itri e Gaeta
Ristoranti: la Cantina di Ciccillo, la Rete e Masaniello, un’istituzione dal 1920.
Hotel: Hotel Mirasole a Gaeta, 4 stelle in posizione centrale.

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