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In gara con Miki (Biasion) alla Winter Marathon

Laura Ciarallo
Pubblicato il: 21 Marzo 2017

Dovrete abituarvi. Ogni tanto troverete post curiosi che riguardano il mondo delle auto storiche. Un settore affascinante, sempre più seguito dalle giovani generazioni e che mi ha catturata circa 6 anni fa. Per gioco e per curiosità, su invito di un’amica ho partecipato alla mia prima gara di regolarità classica, il Gran Premio Terre di Canossa, che si svolge tra Emilia, Liguria e Toscana. E’ stato amore a prima vista e da allora partecipo in veste amatoriale come driver o navigatrice a diverse competizioni. Una delle più sfidanti è senz’altro la Winter Marathon, considerata la Mille Miglia invernale che si disputa da 29 anni a Madonna di Campiglio nel mese di gennaio. Ho conosciuto di persona Miki (Massimo all’anagrafe) Biasion proprio in occasione della Winter. Eberhard & Co., la celebre Maison di alta orologeria, di cui Biasion è “brand ambassador“, mi ha proposto di “navigare” il pluricampione mondiale di rally, che si sta cimentando da qualche tempo con la regolarità classica. Mi sono chiesta: “come può un big di questa portata, abituato a graffiare l’asfalto con maestria ed eleganza, imporsi di rallentare per spaccare il centesimo di secondo?”.

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La regolarità è un’aberrazione per chi è abituato alla velocità. Vince non chi va veloce, ma chi rispetta i tempi imposti e per farlo è costretto a anche a frenare. Devo ammettere che fa un certo effetto vedere il proprio nome accanto a quello del campione sulle decalcomanie di una Lancia Fulvia Coupé Safari del 1976 dal colore insolito e sgargiante “giallo maia”. Equipaggio 51: Biasion-Ciarallo. E’ un’auto della sua collezione personale, piuttosto rara perchè è stata prodotta in soli 900 esemplari numerati, dei quali pochissimi sopravvissuti.

Perfetta per la regolarità, ha dimostrato tutto il suo valore lungo i 450 chilometri di gara e 9 impegnativi passi di montagna. Siamo partiti con le gomme termiche (non c’era bisogno delle chiodate per assenza di neve) e il percorso è filato liscio senza alcun inconveniente. Gli unici pit-stop sono serviti per due rabbocchi di benzina, con tanica al seguito cui hanno provveduto i meccanici di Miki.

Con un’assistenza del genere si è a metà dell’opera. Ma la gara ha soprattutto un coté psicologico: 12 ore di guida in un’unica soluzione, a parte una breve sosta per la cena, sono una piccola prova di sopravvivenza. Niente a cui Miki non sia abituato. Chi ha percorso nella sua vita oltre 3 milioni di chilometri, tra competizioni e ricognizioni, chi ha attraversato l’Africa e il Sud America lungo i percorsi sterrati della Parigi-Dakar a bordo di tir con motori da 1500 cavalli che consumano 1 litro di benzina ogni 700 metri, ha già visto decisamente tutto.

Ma la regolarità è quel qualcosa in più che completa il meraviglioso puzzle di un grande campione. Ho fatto del mio meglio, programmando il mio cronometro Zero (un prodotto nuovo sul mercato, alternativo ai blasonati Bora e Blizz, ma nettamente più economico) e scandendo il conto alla rovescia durante le 51 prove cronometriche.

Miki si è fidato di me, mi ha ascoltato, ha seguito le mie indicazioni con la pazienza e l’umiltà di un “grande”. E’ stata una gara perfetta. Portarla a termine è già un ottimo risultato. La mia gara con Miki Biasion si è conclusa senza prendere neppure un “300” (la massima penalità), un buon traguardo. Per me un’esperienza fantastica. Sono sicura che non finirà qui. “E la prossima volta ci sarà anche la neve, Miki, per divertirsi di più!”

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